Riforma Gelmini: che cos’è e quali conseguenze ha comportato

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Roberta Pubblicato il 8 Settembre, 2021

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Riforma Gelmini cosa ha cambiato ?
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Con “Riforma Gelmini” si indicano le ultime riforme in ordine di tempo (emanate fra il 2008 ed il 2010) dall’allora Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che ha riformato l’istruzione in Italia. Questa riforma ha riguardato tutti gli indirizzi di studio, dalle scuole dell’infanzia all’università con provvedimenti sia specifici sia trasversali, come l’introduzione di un tetto di spesa per le scuole, l’abolizione delle ore scolastiche di 50 minuti per tornare a quelle effettive di 60 minuti, la reintroduzione dello studio dell’educazione civica tramite la materia “Cittadinanza e Costituzione”. Inoltre, ha regolamentato i libri di testo, introducendo il vincolo per cui l’editore si impegna a non pubblicare di un testo nuove edizioni prima di cinque anni per la scuola primaria e prima di sei anni per la scuola secondaria di secondo grado; uniche eccezioni le dispense integrative, nel caso di necessità di ampliamento della materia in oggetto di studio (come ad esempio la biologia).

Riforma Gelmini nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado

Le famiglie possono anticipare l’iscrizione dei propri figli alla scuola primaria a 2 anni e mezzo di età mentre nelle scuole primarie si reintroduce il maestro unico, con orario di 24 ore settimanali di lezione e si introduce la valutazione numerica decimale, accompagnata da un giudizio sul livello raggiunto dall’alunno. Nei regolamenti di istituto si tiene però conto di esigenze specifiche, per una più ampia articolazione del tempo-scuola. Anche nelle scuole medie, così come nelle elementari, si reintroduce la valutazione numerica decimale, con voti da zero a dieci; qui le famiglie possono scegliere di aumentare le ore scolastiche da dedicare alla lingua inglese, passando da tre a cinque.

Riforma Gelmini nella scuola secondaria di secondo grado

Le scuole superiori sono stati quelli maggiormente investiti dalla riforma: per tutte le scuole secondarie di secondo grado è stato potenziato l’insegnamento della lingua e letteratura inglese (obbligatoria per tutto il quinquennio), potenziato l’insegnamento delle materie scientifiche ed il voto di condotta è tornato a fare media. Si è definita anche meglio la situazione per l’assegnazione degli eventuali debiti formativi: l’alunno che in non raggiunge la valutazione di sei decimi in quella materia, non potrà essere ammesso alla sezione o al ciclo successivo se non supera l’esame di recupero.

Ma la maggiore novità ha riguardato il riordino degli indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e di quelli professionali: gli indirizzi dei licei (sperimentali e non) sono passati dagli oltre 750 esistenti a 20 indirizzi; gli istituti magistrali sono stati assimilati dal liceo delle scienze umane, dove si studia il latino e due lingue straniere, oltre ad essere presente un indirizzo economico sociale; anche i licei artistici sono stati rivisitati, includendo anche la scenografia e l’arte multimediale e due lingue straniere, di cui una è la lingua inglese; i licei coreutici e quelli musicali sono stati fusi nel liceo musicale-coreutico, che ha però mantenuto i due indirizzi (coreutico e musicale) distinti e hanno anche loro lo studio di due lingue straniere.

Gli istituti tecnici anche sono stati riordinati, passando dai 10 settori con i 39 indirizzi a 2 settori (economico e tecnologico) con 11 indirizzi, con ore di 60 minuti effettivi. Sono aumentate le ore di attività di laboratorio, diventando 264 nel biennio e 891 nel triennio e le ore dedicate alla lingua inglese e all’insegnamento delle scienze integrate (biologia, chimica e fisica). Il primo biennio di scuola sarà dedicato allo studio di materie comuni, il secondo biennio alle materie dell’indirizzo scelto, mentre al quinto anno saranno presenti tirocini e stage, per cercare di connettere gli studenti al mondo del lavoro.

Gli istituti professionali non sono stati da meno: erano 5 settori con 27 indirizzi, mentre dopo la riforma sono stati divisi in due settori (industria ed artigianato e servizi) e 6 indirizzi di studio. Anche per gli istituti professionali, così come i tecnici, si è passati a 32 ore effettive a settimana, ma hanno rispetto ai tecnici una maggiore autonomia, con una maggiore disponibilità di ore di laboratorio e stage esterni all’istituto.

Riforma Gelmini nell’università italiana

La riforma ha introdotto nuovi criteri di accesso alle scuole di specializzazione post-laurea in medicina, mentre ha reso la laurea in scienze della formazione primaria abilitante all’insegnamento. Le università inoltre potevano essere trasformate in fondazioni di diritto privato, enti non commerciali con autonomia gestionale, organizzativa e contabile. In questa riforma si è determinato anche i requisiti necessari dei corsi di studio, che ha causato un forte ridimensionamento dei corsi universitari, eliminando corsi di laurea che differivano fra loro per un numero esiguo di esami e che avevano un numero di iscritti inferiore a 10 per ciascun anno. Inoltre è stata rivista la durata della carica di rettore universitario, arrivando ad un massimo di 6 anni non rinnovabili nella carriera accademica di un docente universitario), l’obbligo di stipula di contratti di assunzione dei ricercatori universitari di massimo 3 anni, prorogabili per una sola volta.

Riforma Gelmini: le critiche

All’epoca la riforma provocò moltissime manifestazioni, dove erano maggiormente contestati gli aspetti del tetto di spesa scolastico ed i conseguenti tagli alla spesa scuola che questi hanno comportato (generando in alcuni istituti delle situazioni paradossali, come l’accollo alle famiglie dell’acquisto di materiale comune per la scuola) e dei bonus produttività (che rendevano la gestione della scuola improntata maggiormente ad un’azienda piuttosto che ad un luogo di formazione e crescita) e l’introduzione del maestro unico nelle scuole elementari.

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